Hai presente quei lunghi viali nelle città, pieni di semafori ogni 100 metri?
Hai presente quando cominci a beccarne uno rosso, e sai già che ti attende una sequenza di almeno altri 5/6 semafori tutti rossi?
Hai presente quella emozione mista di rabbia e rassegnazione?
Non è tanto diversa da ciò che accade – a volte – nella carriera.
Ci sono dei percorsi che sono immancabilmente costellati di una sfilza di semafori rossi…e una volta preso il primo, non c’è modo di rompere quel flusso.
Io ne ho fatto una bruciante esperienza, e so di cosa parlo.
Quando accade, puoi interrogarti su molte cose, cercare colpevoli, arrovellarti, farti il sangue amaro.
Spesso hai anche ragione: è vero, stai subendo una palese ingiustizia, tanto peggiore perchè lunga e protratta nel tempo.
Un’ ingiustizia sotto gli occhi di tutti, ma da cui apparentemente non c’è scappatoia: come la coda che faresti in auto tra un semaforo rosso e l’altro.
Ragiona un attimo: quando ormai sei in coda, quali opzioni hai?
Se ci sei arrivato, evidentemente o non conoscevi quella strada tanto da evitarla a priori (e questo è un punto importante che mi porta a dirti che un buon scouting del mercato da solo o con supporto di professionisti o colleghi va sempre fatto), oppure hai guidato per un bel tratto piacevolmente, e poi “semplicemente” qualcosa ha invertito il flusso e ormai ci sei dentro.
Alternative? Scappatoie? Qualche svincolo, qualche strada laterale?
Si certo, se ci sono, puoi optare per questa soluzione.
Spesso non tanto risolutiva, ma almeno alleggerisce il tuo stress in attesa di approdare su strade migliori.
Ho visto gente accostare la macchina in preda ad attacchi di panico, e proseguire a piedi, certi di arrivare comunque prima.
Il malessere che tutto questo genera è alto. Non va sottovalutato.
Una carriera bloccata, ostacolata, inceppata è affare serio. E’ un nodo da sciogliere prima possibile, per il benessere proprio e di chi ci circonda.
Apro una parentesi: due grandi semafori rossi oggi si trovano spesso a inizio e fine del viale.
Ogni giorno seguo neolaureati che faticano a entrare, e cinquantenni che usciti allegramente (senza conoscere più il mercato) a uno svincolo, non riescono più a rientrare o proseguire facilmente.
Aberrazioni del nostro mercato del lavoro, condito da scarsissimo rispetto per l’essere umano, e inesistente professionalità e responsabilità: come mai all’estero alle candidature rispondono in pochi giorni anche con un no, anche con una risposta automatica che ti avverte che almeno hanno ricevuto, e in Italia tutto questo sembra fantascienza? Tutto appare privo di segnali di vita.
Oggi tutto è automatizzato, si pagano fior di database per gestire le candidature ed è sinceramente inaccettabile.
Tuto questo procura danni alle persone: non tanto economici (anche ovvio), ma soprattutto psicologici.
Io sono a contatto quotidianamente con questi silenzi tombali che calano sui candidati e so come la vivono, e cosa cominciano a pensare.
La gente si ammala.
Tutto questo ha un peso sociale, economico, sanitario, nazionale.
Ecco, ho detto il mio pensiero. Mi sono tolta il sassolino.
Torniamo ai semafori rossi.
A meno che tu non trovi uno svincolo, dicevamo, sei lì….in attesa di arrivare al prossimo.
Cosa puoi fare per occupare egregiamente il tempo durante la tua navigazione a coito interrotto?
Puoi attivare alcune riflessioni:
– C’è qualcosa che ti ha portato lì e che sono dipese da te?
– Cosa hai appreso da questa lezione?
– Cosa in futuro dovrai guardare prima?
– Quali segnali hai sottovalutato?
– Quali informazioni ti sono mancate?
– Cosa/Chi non hai voluto credere/guardare?
Per mia esperienza, quando per troppo tempo si continuano a riproporre le stesse situazioni, c’è qualche intoppo che ha a che fare più con te che con le condizioni della strada.
L’intoppo è legato alla consapevolezza.
Come quando si cerca di incastrare a tutti i costi una tessera del puzzle in uno spazio che non è adeguato a lei.
Non è colpa dello spazio, non è colpa della tessera.
E’ la combinazione che non funziona.
Qualcuno a un certo punto se ne deve rendere conto: e quel qualcuno non puoi che essere tu.
Stai cercando di incastrarti a forza in un luogo non tuo, che non ti appartiene, che non ti vuole, che non sa valorizzare il talento di cui sei portatore?
Perchè se è così, è chiaro che il semaforo continuerà a essere rosso. E se fai azioni azzardate per divincolarti, ti becchi anche la multa.
A un certo punto occorre arrendersi all’evidenza, e prendersi la responsabilità di guardare in faccia la realtà per quello che è, e anche se è durissimo, guardarsi dentro.
– Sei certo che quel percorso sia il migliore per te?
– Sei proprio convinto di voler continuare a investire sul dare musate sulle porte?
– Credi di non avere alternative?
– Pensi di appartenere solo a quel viale?
– Credi che il tuo valore derivi dal fatto che devi percorrere per forza quel viale?
– Stai seguendo la tua via, il tuo sentire, o vie indicate da altri e che magari per loro (in orari e giorni diversi) hanno funzionato, ma non è detto funzioneranno per te?
– Stai seguendo le indicazioni di un tom tom automatizzato che ti porta su strade assurde, e hai messo in cantina la tua intenzione, il tuo ragionamento, il tuo cuore, il tuo intuito?
– Stai sognando piccolo?
– Stai accontentandoti di un acquario invece di guardare all’oceano?
So già che alcuni leveranno gli scudi dicendo che: “non tutti possono permettersi di cambiare” oppure “dopo tutto quello che ho fatto, io lo merito e non mollo tutto, sarebbe un arrendersi“.
E invece sì, arrenditi.
Molla le armi, lo scudo, la corazza, deponi le asce, svestiti di panni pesanti che ti hanno zavorrato e reso poco lucido.
Molla la presa!
Molla la presa!
Molla la presa!
L’arrendersi di cui ti parlo non è un atto passivo. E’ una scelta lucida, consapevole, amorevole nei confronti tuoi, e del valore che puoi offrire al mondo.
Prima farai questa azione, prima ripartirai con il semaforo verde!
Ricalcola la strada! Scegli la strada migliore per te.